Sabato della quinta settimana di quaresima: Decidono la morte di Gesù
Parola e Fede Lazio

Sabato della quinta settimana di quaresima: Decidono la morte di Gesù

sabato 8 aprile, 2017

 Nel vangelo di oggi, sabato della quinta settimana di quaresima, il Sinedrio decide la morte di Gesù e Caifa, Sommo Sacerdote del tempo fa la sua grande proposta oscena: è meglio che muoia uno anziché il popolo intero. Non importa se quell’uno è innocente. Sembra di essere ai nostri giorni. Molte volte, ciò che importa è trovare una soluzione, una pezza a quel problema, poi quale sia la soluzione o come si arriva a quel risultato non ha alcun problema. Meditiamo insieme il Vangelo del giorno. (Gv 11,45-56)[MORE]

Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in lui. Ma alcuni di loro andarono dai farisei e riferirono loro quello che Gesù aveva fatto. Allora i capi dei sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dissero: «Che cosa facciamo? Quest’uomo compie molti segni.
Il miracolo della risurrezione di Lazzaro apre il cuore di molti Giudei, i quali a causa di questo segno, credono in Gesù. In una parola assai semplice: Gesù è vero in tutto ciò che dice. È vero in tutto ciò che fa.
Altri invece, dal cuore indurito, si recano dai farisei a riferire tutto ciò che Gesù aveva fatto. Vanno per aizzare i farisei perché intervengano subito in modo da mettere fine una volta per sempre alla vicenda di Gesù. È sempre il cuore che legge la storia. Se il cuore è umile, semplice, aperto alla verità, la verità vede ed accoglie. Se invece il cuore è malvagio, cattivo, pesante, impuro, chiuso alla verità, la verità distorce, falsifica, soffoca nella calunnia, nella maldicenza, nella falsa testimonianza, nella volontà di eliminare per sempre l’autore della storia di verità, di santità, di giustizia, di carità, di speranza.
I capi dei sacerdoti e i farisei riuniscono il sinedrio. Il Sinedrio è il Consiglio degli Anziani. Esso è il massimo organo di vigilanza e di giudizio. Una decisione presa dal Sinedrio aveva valore indiscusso. Era una vera sentenza. Osserviamo il ragionamento dei capi dei sacerdoti e dei farisei, scopriremo fin dove giunge la loro malvagità.


Proviamo ad immaginarci un dialogo tra queste “vipere” velenose.
Noi ci stiamo rilassando, stiamo facendo dialoghi interminabili con Lui, Lui invece compie opere e per di più una più portentosa dell’altra.
Prima aveva dato la vista ad un cieco fin dalla nascita. Ora dona la vita ad un uomo che era da quattro giorni nel sepolcro.
Noi giochiamo con le nostre divisioni. Lui invece opera cose portentose.
Finora abbiamo giocato male. È come se noi stessi gli avessimo spianato la strada. Con le sue parole riesce a confondere noi mentre si aprono i cuori di molti alla fede.
Se continuiamo così dobbiamo decretare la morte del nostro ministero, del nostro ufficio, della nostra stessa missione.
Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione».

Ma uno di loro, Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno, disse loro: «Voi non capite nulla!
Caifa è il sommo sacerdote. È la suprema autorità morale nel popolo di Dio. In qualche modo dovrebbe essere colui – si parla del sommo sacerdote - che ha sulla terra il posto di Dio. Avere il posto di Dio è una cosa. Pensare, agire, operare secondo la pienezza della volontà di Dio, con la forza della sua santità, è ben altra cosa.
Dove non c’è correttezza morale, dove non c’è l’osservanza della Parola di Dio, mai ci potrà essere comunione con la volontà attuale di Dio.
Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!». Questo però non lo disse da se stesso, ma, essendo sommo sacerdote quell’anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione; e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo.
Eccola la proposta indecente dell’uomo di Dio: che muoia uno al posto di tutti.
Caifa è riuscito a convincere il sinedrio. Gli ha fatto prendere una decisione unanime. Gesù deve morire. Gesù deve essere ucciso da loro. Questa la loro decisione.


Gesù dunque non andava più in pubblico tra i Giudei, ma da lì si ritirò nella regione vicina al deserto, in una città chiamata Èfraim, dove rimase con i discepoli. Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione salirono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi. Essi cercavano Gesù e, stando nel tempio, dicevano tra loro: «Che ve ne pare? Non verrà alla festa?»
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Gesù sa di questa loro decisione e si ritira dalle vicinanze di Gerusalemme. Gerusalemme era un vero pericolo per Gesù, una vera trappola di morte. Per non cadere in qualche imboscata che i Giudei avrebbero potuto sempre tendergli, si sposta nella regione vicino al deserto. La morte di Gesù è ormai imminente. È in questa Pasqua.
È assai importante per noi comprendere la sottile arte e scienza del male. Il male si dona coraggio, crea coesione, spinge alla concordia, ma solo per compiere ciò che non è gradito al Signore.
La concordia nel male, l’unanimità nella malvagità, rende il male più forte, quasi irresistibile.
Questo monito di Gesù vale soprattutto per noi. A noi Gesù chiede la più forte, più grande, indistruttibile unità nel fare il bene.
Il bene che lavora in unità produce infiniti frutti di vita eterna.


Don Francesco Cristofaro


Autore
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