Don Francesco Cristofaro. Per anni non accettavo la mia vita e oggi vivo per difendere la vita
Interviste Calabria

Don Francesco Cristofaro. Per anni non accettavo la mia vita e oggi vivo per difendere la vita

martedì 7 marzo, 2017

Per anni non accettavo la mia vita e oggi vivo per difendere la vita. La storia di un ragazzo disabile diventato sacerdote.
Don Francesco Cristofaro è un giovane sacerdote di 37 anni. Se lo incontri, fin da subito di contagia con il suo entusiasmo e il suo sorriso. Infaticabile, inarrestabile e con tanto entusiasmo. Il prossimo 9 aprile festeggia i suoi primi 11 anni di sacerdozio. Parroco di una piccola comunità di solo 400 anime – Santa Maria Assunta di Simeri (prov. di Catanzaro) – ma prete del mondo grazie alla sua intensa attività di evangelizzazione sui social, in tv e in radio. Questo giovane prete innamorato della vita, però, ha dovuto lottare per tantissimi anni con la sua stessa vita che non amava, non accettava, non voleva. Conosciamo meglio don Francesco Cristofaro in questa intervista in cui apre il suo cuore ai lettori.[MORE]

Don Francesco, perché hai dovuto lottare con la tua stessa vita?

- Io sono nato il 10 novembre del 1979 al settimo mese di gestazione. Paresi spastica alle gambe. Questa fu la diagnosi. Ma cosa significava questa parola? Sicuramente era più alta di due piccoli cuori come quelli di due grandi genitori, mio papà carpentiere e la mamma casalinga, senza titoli di studio se non licenza elementare e media. A quei tempi, paresi spastica alle gambe significava calvario. E si, di lì a poco sarebbe iniziato un lungo girovagare alla ricerca di una speranza. Visite mediche, viaggi della speranza, viaggi da falsi cristi e falsi profeti, spilla denari che illudono i cuori semplici, avevano un solo obiettivo: trovare un motivo di guarigione per il proprio bambino. Nulla di nuovo, nulla di più. Il problema c’era, il problema rimaneva, come per tanti anni rimase in me il desiderio e la preghiera per una vita normale, senza pietismo, senza differenze e rimase forte per tanto tempo perché, purtroppo, il nostro mondo fortemente globalizzato è sempre più attratto dal bello, dal perfetto, da ciò che “funziona”, scartando il non bello o il non perfetto secondo le categorie mondane. Purtroppo, guardavo il “pensiero” e gli “occhi” del mondo e io, pur vivendo in esso non mi sentivo parte di esso. Oggi la nostra società ci sta abituando che se la vita non è voluta la si può rifiutare e facilmente interrompere come facilmente eliminare andando in una clinica della morte. Io ho lottato con me stesso, con i miei limiti, con gli altri che mi guardavano con pietismo e con Dio che non ascoltava le mie preghiere di guarigione.

Cosa ti rendeva più triste da piccolino?
-“Mamma, perché cammina così?...”, era questa la frase che da piccolino mi rendeva più triste. Quante volte l’ho sentita dalla bocca di bimbi che vedendomi camminare si rivolgevano alle loro mamme per chiedere, capire, scoprire. E mi mettevo davanti allo specchio per vedermi camminare. Provavo un senso di disagio. Un bimbo bellissimo nel volto, nelle guance paffutelle, negli occhi scuri e nei capelli riccioli ma brutto nelle gambe, storte, fragili che, spesso non si reggevano in piedi.

E mi sentivo sempre più diverso da loro. E mi facevano sentire diverso da loro quando mi dicevano: “tu non puoi venire con noi perché poi cadi e ti fai male…”. Tutto questo mi faceva piangere e soffrire e pregavo, pregavo tanto per guarire. La Madonnina, però non mi ascoltava e i santi erano sordi con me. Pensavo di essere cattivo e di non meritare nulla, perché come può un bambino non essere ascoltato? Ma io pensavo di non essere ascoltato, invece, nel Cielo stavano preparando qualcosa per me?

Cosa vuoi dire con questa ultima affermazione: “…nel Cielo stavano preparando qualcosa per me?”.

- La mia famiglia non frequentava la chiesa, i sacramenti. Io mi sono avvicinato alla parrocchia per il catechismo in preparazione alla prima comunione e da quel momento non ho più abbandonato la chiesa. Il più delle volte, il percorso da casa mia alla chiesa lo facevo a piedi, quasi due chilometri, perché forse i miei non avevano tempo per accompagnarmi. Vengo attratto dalla bellezza delle parole di Gesù nel Vangelo. In parrocchia incontro la realtà del Movimento Apostolico, che fin dal 1979 opera per il ricordo e l’annuncio del Vangelo al mondo che lo ha dimenticato o non lo conosce affatto.

Le Parole di Gesù goccia dopo goccia, seme dopo seme, caddero nel mio cuore come olio profumato e balsamo di guarigione e la mia vita iniziò a cambiare, cambiando pensieri, parole, azioni. Il male dell’uomo è sempre accovacciato nei suoi pensieri. E’ questa l’opera di seduzione del maligno, governare, possedere i pensieri dell’uomo. Io, infatti, mi ero rinchiuso nella fortezza dei miei pensieri, ero fermo al vangelo mio personale, quello del vittimismo, del piangermi addosso, del “non servo a nessuno”. Non è così! Gesù, pian piano è entrato sempre di più nel mio cuore fino a invaderlo, fino a non esserci più posto per la tristezza ma solo per la gioia, per un amore grande per la vita e anche i pensieri, a poco a poco hanno preso un’altra forma, pensieri di gioia, di letizia, di libertà, di amore, di perdono e misericordia.
Strano a dirlo, senza accorgermene, non chiedevo più guarigioni fisiche – eppure passavo giorni interi nelle mie novene alla Madonna e ai santi per chiedere un miracolo – ma un amore grande per la vita e per le vite altrui. E questo grande miracolo il Signore me lo ha concesso. Uno può dire: “e che miracolo è questo?”. Vi sembra poco un ragazzo triste che ritrova la gioia di vivere? Vi sembra poco un ragazzo angosciato che acquista serenità, felicità? Vi sembra poca cosa un giovane che passa dal dire “io non servo a nessuno” a pensarsi uno strumento di grazia nelle mani di Dio? Beh a me non sembra proprio poca cosa.

Quando hai avvertito la vocazione e il desiderio di consacrarti al Signore?

- Avvicinandomi alla Chiesa, grazie alle catechesi e alla spiritualità del Movimento Apostolico, più volte ascoltavo una parola che non era indifferente al mio cuore: “La Messe è molta ma sono pochi gli operai… vieni ti farò pescatore di uomini…”. Un giorno mi trovavo nel giardino di casa a leggere il mio vecchio libricino della prima comunione e nel leggere il rito della Santa Messa, in particolare le parole della consacrazione: “Prendete questo è il mio corpo… Prendete questo è il mio sangue…”, provai un brivido particolare e subito rivolgendomi a Gesù gli dissi: “cosa vuoi da me?”. Da quel momento, nel mio cuore, allora, un grandissimo desiderio entrare in seminario per consacrare la mia vita a Dio e ai fratelli.

Ma avviene che, mentre da una parte, la lettura del libricino delle prime comunioni aveva procurato al mio cuore grande coraggio, dall’altra parte, fu proprio in parrocchia durante la celebrazione delle prime comunioni che avvenne qualcosa di veramente triste per me. Mentre servivo la messa delle prime comunioni cado a terra con il calice in mano con il sangue di Cristo. Lo stringo forte forte che non va perduta neanche una goccia, ma da quel giorno si perde il mio coraggio. Mi dicevo: “se non riesco a tenere un calice come posso fare altro”… la crisi più profonda. Questa è l’opera della tentazione, è il lavoro subdolo del diavolo che in ogni modo e con ogni mezzo si adopera per portarti lontano dal cuore di Dio. L’aiuto, però del Padre spirituale, l’esempio vivente di Papa Giovanni Paolo II che ebbi la grazia di conoscere personalmente e di ricevere la sua benedizione mi diedero grande forza e coraggio per continuare il cammino intrapreso. Pronuncio il mio si, vengo accolto dal mio vescovo e sono pronto per l’ingresso in seminario. Ma tutto ad un tratto un’altra triste parentesi.

Quale?
- All’età di 18 anni, si decide di fare un passo importante ma non credevo, così sofferto. I medici avevano sempre sconsigliato i miei genitori, prima di quell’età di fare degli interventi chirurgici perché c’è un tempo fisico/biologico in cui i tendini si allungano da soli. Dovevo, appunto, fare due interventi di allungamenti dei tendini. Abbiamo deciso di intervenire, per due volte, prima al tendine destro e poi al sinistro. Intanto, avevo già deciso di entrare in seminario e ne avevo già dato comunicazione e il vescovo aveva già accolto la mia domanda. Gli interventi e la riabilitazione, però, furono molto lunghi e dolorosi e ritardarono di un anno il mio ingresso in seminario.

Parto per Milano per gli interventi. Nel cuore sapevo di non guarire, di non risolvere nulla. Al Signore servivo in quel modo. Però, non volevo deludere le attese di mamma e papà che aspettavano quel momento da 18 anni. Avevano già pensato alla festa da fare! Sono stati dei mesi bruttissimi e dolorosissimi. Per un lavoro fatto male, ho dovuto assumere morfina. Dopo l’intervento, mi dovettero sostituire il gesso perché fatto male e troppo stretto. Riecheggiano ancora nelle mie orecchie le mie gridate per il dolore, ma la sofferenza più grande era vedere il mio papà che doveva mettere in tasca del fisioterapista la mancetta per fare bene il suo dovere o il viaggio in treno della mia mamma, di ritorno a casa, con un fortissimo mal di denti, di notte, perché c’erano tre fratelli soli ad aspettare. Permettetemi di aprire una parentesi (i veri campioni di vita sono proprio i genitori. Chi non ha amore per i propri genitori è un ingrato ed egoista).
Che delusione dopo il secondo intervento quando per la prima volta, tolto il gesso metto i piedi a terra. I primi passi. Nel volto di mio padre non leggo nessuna emozione. Questo era segno che era avvenuto ben poco. Del resto, me lo aspettavo! Ma anche questo passa. Torno a casa. Ora la mia preoccupazione era solo quella di rimettermi ed entrare in seminario.
Fin da piccolo ho sempre fatto fisioterapia fino al momento degli interventi. Da lì mi sono fermato per oltre 12 anni. Nessuno mi aveva detto che avrei dovuto continuare. I miei muscoli stavano diventando sempre più deboli. Fino a quando una mia amica, fisiatra, mi convinse che era importante riprendere. Ho ripreso fisioterapia da sette anni, ora i miei muscoli sono molto più forti. È importante la fisioterapia.

l prossimo 9 Aprile ricorrono i primi tuoi 11 anni si sacerdozio. Cosa ha fatto il Signore nella tua vita sacerdotale?

- Ha trasformato e spazzato via questi pensieri e mi ha reso un uomo nuovo. Per il mondo non è questo un miracolo eclatante ma per me si. Oggi il sorriso è sulle mie labbra, sul mio viso, nel mio cuore, nei miei gesti. Oggi sono felice.
Oggi sono un giovane sacerdote felice e sereno, pieno di vitalità ed energia che lotta e si impegna con i suoi limiti per annunciare il vangelo.
Vorrei dire semplicemente questo: Non importa il passato. Importa l’oggi. Ciò che sei e, soprattutto, ciò che puoi e devi fare ogni giorno con la tua vita e la tua missione. Gesù ti chiama come sei per farti diventare come vuole lui. Io voglio essere come vuole lui. Noi siamo la gloria del Dio vivente, noi siamo i suoi strumenti in mezzo al mondo.

Vorrei fare tanto. Vorrei mostrare ogni giorno il volto di Gesù. Vorrei che l’uomo si avvicinasse alla grazia di Dio. Vorrei dire che il pensiero di Dio è diverso da quello dell’uomo, che il cuore di Gesù è diverso dal cuore dell’uomo. Vorrei dire all’uomo di credere sempre nel domani, di non scoraggiarsi mai, di essere forte. Vorrei dire all’ammalto di rifugiarsi nel cuore amabile della Madre Santa. Vorrei regalare a tutti il mio sorriso quello bello che solo il Signore ti sa regalare da un contatto quotidiano con lui. L’avermi voluto sacerdote è il dono più bello e prezioso che il Signore mi poteva concedere ma, allo stesso tempo, è una missione che puoi assolvere solo se possiedi gli occhi di Gesù, la sua bocca e, soprattutto il suo stesso cuore.

In conclusione, don Francesco cosa vorresti dire ai nostri lettori.


- La vita è bella! La vita è straordinariamente bella. Non perdo occasione per dirlo. Oggi ringrazio il Signore per la mia disabilità. Non sarei stato lo stesso uomo, la stessa persona, lo stesso prete. Non possono queste righe farvi sentire il battito del mio cuore quando penso a Gesù. Non possono queste righe mostrarvi le lacrime di gioia e di emozione che provo nello scrivere queste parole. Queste righe non possono mostrare tante cose ma la mia vita si.

Oggi, l’uomo è triste perché è senza Dio. Oggi il cuore dell’uomo è smarrito perché ha smarrito la verità del Vangelo, l’unica che lo possa salvare. Oggi l’uomo si vuole costruire senza Dio. Oggi l’uomo si vuole fare dio al posto dell’Onnipotente Signore. Ritrovate Dio e avrete la pace nel cuore.

Per anni non accettavo la mia vita e oggi vivo per difendere la vita

Filippo Coppoletta


Autore
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