L'Alfabeto della fede: Imitazione di Cristo Imitazione dei Santi e Indulgenze
Parola e Fede Lazio

L'Alfabeto della fede: Imitazione di Cristo Imitazione dei Santi e Indulgenze

mercoledì 11 ottobre, 2017

Cari lettori, continua il nostro cammino di approfondimento con la rubrica "l'alfabeto della fede". Le parole che prenderemo in esame oggi sono: Imitazione di Cristo Imitazione dei Santi e Indulgenze. Inoltre, vi ricordo che potete leggere sempre su InfoOggi i numeri precedenti della InfoOggi i numeri precedenti della rubrica. [MORE]

IMITAZIONE DI CRISTO IMITAZIONE DEI SANTI

Imitare significa riprodurre nella nostra vita la vita dalla quale siamo stati conquistati e sedotti. Poiché ogni vita è speciale, personale, unica, irripetibile, nessuno potrà mai riprodurre la vita di un altro nella propria. Neanche la vita di Cristo potrà essere riprodotta. La vita di Cristo è vita di Cristo e solo sua. Così dicasi anche della vita dei santi. Cosa allora ci è chiesto di imitare di Cristo e dei Santi? Ma si può parlare di imitazione? Cosa è la vera imitazione?

Di Gesù è detto che Lui si fece obbediente fino alla morte di Croce? Obbediente a cosa? Alla volontà che il Padre ha scritto dall’eternità per Lui sul suo rotolo della vita. Cosa chiede Gesù ad ogni suo discepolo? Che si imiti Lui nell’obbedienza. Che si impari da Lui che è mite e umile di cuore. Come Lui è tutto nella volontà del Padre, nella comunione dello Spirito Santo, così ogni suo discepolo deve essere obbediente al Padre, nella comunione dello Spirito Santo.

Essendo la volontà del Padre differente per ogni uomo, così come differenti sono anche il ministero e il carisma, ognuno nello Spirito Santo deve giorno per giorno conoscere la volontà del Padre e, guardando verso Cristo, contemplando la sua obbedienza, scrutando il suo amore, deve disporsi anche lui alla più grande obbedienza al Padre con tutta la forza, la saggezza, l’intelligenza, la conoscenza, il timore di Dio e la pietà che sono in lui dono dello Spirito.

L’imitazione non è fare ciò che l’altro ha fatto. È impossibile a motivo della volontà di Dio che è personale, specifica, particolare per ogni uomo. La Parola è uguale per tutti. Le modalità dell’obbedienza alla Parola variano da persona a persona. Altra è la volontà di Dio sul Papa, altra sul Vescovo, altra sul Presbitero, altra sul Parroco. E ancora tra Papa e Papa, Vescovo e Vescovo, Parroco e Parroco, la volontà di Dio è specifica, personale.

L’imitazione è nel bene, nella verità, nella giustizia, nell’impegno, nella santità, in ogni virtù. Anche nello stare lontano dal vizio e da ogni peccato. Sempre però rispettando la personale, specifica, particolare volontà di Dio su di noi, vivendo ogni cosa in una perfetta obbedienza allo Spirito Santo, secondo il ministero e il carisma che ci è stato donato. La realtà concreta deve essere solo il frutto del rispetto di tutte queste verità che fanno l’obbedienza cristiana.

INDULGENZE
Indulgere è guardare l’altro dalla grandezza della nostra misericordia. Se lo guardassimo dall’alto della giustizia non ci sarebbero né pietà, né compassione, né perdono, né alcuna misericordia. Si abbandonerebbe l’altro al suo peccato e lo si condannerebbe all’inferno per sempre. Cosa è allora l’indulgenza del Signore? È la sua misericordia che riversa sul peccatore pentito che bussa al suo cuore. La Chiesa che è Madre, sa che è impossibile il condono di tutta la pena dovuta per giustizia ai peccati commessi. Essa, attingendo ai meriti di Cristo e dei Santi, nel rispetto di alcune condizioni, concede sia l’indulgenza plenaria, cioè il condono e la remissione di ogni pena e sia l’indulgenza parziale, cioè il condono non di tutta la pena, ma di parte di essa, sia per i vivi che per i defunti.

Le condizioni vanno osservate. Esse non sono solo la Confessione sacramentale, l’Eucaristia, la recita di una preghiera secondo le intenzioni del Sommo Pontefice, la visita ad una Chiesa particolare o speciale. Queste sono condizioni visibili e “materiali!”. Vi è una condizione che spesso è dimenticata o ignorata del tutto. Essa è la sincera conversione e la volontà forte di rompere ogni legame con il peccato anche veniale e di fare frutti degni della conversione.

Questa ultima condizione fa sì che l’indulgenza non sia un’opera “meccanica”, ma altissimamente spirituale. A chi promette di rompere con il peccato, il male, il vizio, i desideri mondani e si impegna realmente, fattivamente con le parole e con le opere, la Chiesa concede per sua misericordia il condono di tutte le pene dovute ai peccati commessi. Senza questa ultima condizione, l’indulgenza sarà parziale, ma non certamente plenaria. Manca la volontà di tagliare i ponti con il mondo, con le sue opere, con le sue pompe. Non si lucra un’indulgenza per continuare la vita di prima, ma per attestare che tutto si vive dal pensiero di Cristo.
 
Don Francesco Cristofaro


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