"Il libro del film della storia della mia vita"
Cultura e Spettacolo

"Il libro del film della storia della mia vita"

sabato 17 aprile, 2010

"Il libro del film della storia della mia vita" di William Brandt

Frederick, quarantadue anni. Solo, con la pancetta abbandonata alla forza di gravità, fa il resoconto della sua vita e trova il nulla. Il giorno del suo compleanno.
“Sono uno squallido parassita asessuato, con una pompa mezza scassata che batte nel petto.”
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Bip, bip, bip. Pfff, pfff, pfff. Cintura misuratore di pressione.
Che succede se nel torpore mattutino, una telefonata basta a realizzare di padroneggiare una vita fallimentare pulsante di sola aria, di strascicare un qualcosa che nemmeno lontanamente rispecchia il desiderio di realizzazione personale? E’ semplice, chiaro. Ma sì diciamolo, il mondo tanto non si può cambiare.
Ma basta a giustificarci e a deviare quesiti ossessivi che si accatastano e amplificano in maniera isterica? No. Se ne generano altri dalle facili risposte. Per questo pesanti d’accettare per Frederick. Trovare il rimedio, riconoscerlo e non risolvere il problema, scatenano un delirio d’inferiorità disarmante, finente nella più facile delle soluzioni: l’ozio. Così avere una famiglia che ti adora, facoltosa all’ inverosimile, aiuta. Ma a quarantadue anni non ti è più concesso accettare un sostegno economico, una pacca sulla spalla e sentirsi dire “ci riuscirai, noi crediamo in te”. La dignità personale ha sempre un senso di rappresaglia nelle nostre menti. Prima o poi. Ma se la colpa non fosse soltanto sua, del suo essere un negligente sognatore? Frederick ha un desiderio: sfondare nella macchina sputa soldi del cinema, come produttore, proponendo film intrisi di significati morali, saturi di storie d’amore, riportando la gente alla normalità più assoluta. Da una vita analizza sceneggiature per una società cinematografica, ne ha una minuscola e inattiva, ed è ancora al primo dei gradini, aspettando il gran passo, l’occasione, partendo da zero. E’ zero. E’ fermo, adagiato, senza un soldo, in un Londra che facilmente ti mette a sedere tacendo. Nostalgia di casa tanta. Però l’amore gratifica, è sufficiente a coltivare sogni, a tenerli aggrappati, a nutrirli di apparente fiducia, riempiendoli di “sì, ce la posso fare”. Ma se proprio le sceneggiature ambite, spezzano la speranza, usurpano la tua vita e sacrificano il tuo amore? Una moglie, Sophie, splendida attrice, neozelandese come lui, coinvolti dal sentimento più sincero e da un’intesa istantanea, sessuale. Amore, senza vie d’uscita, condite dalle crisi normali di ogni coppia e un film. Il trampolino di lancio per lei. Paranoie incontrollabili per lui. Una scelta. Scopoville. Sfatare il tabù del porno. Cos’accade se l’unica figura che ti ha sempre sostenuto e incoraggiato, ti si rivolta contro, chiudendoti ogni speranza, schiaffandoti in faccia il resoconto della tua futile vita?
Esiste una rivincita, sempre o quasi e Frederick trova lo spiraglio in un invito, un compleanno: “Venite nel mondo della magia”. Un banale bigliettino, una festa, un’isola sperduta, la possibilità di rivalsa. Melissa giovane prostituta mozzafiato, sabbia bianca e accecante, il lusso più sfrenato, irriverente e ridicolo (il nome dello yacht per raggiungere questo posto paradisiaco? Succhiacazzi…). Si, è l’occasione giusta, vuole togliere gli sguardi commiserativi degli amici, vuole liberarsi della sua dolorante pigrizia. Ora si cresce. Ma Sophie?
Bip, bip, bip. Pfff, pfff, pfff. Pressione troppo alta.

William Brandt espone il pensiero autolesionista e romantico di Frederick, con un taglio di scrittura pululante di comicità acuta. Paradossale dato che si parla pur sempre di fallimenti, intrighi amorosi e tentativi di rinascita personale impegnativi. Scenari stravaganti e minuziosi, permettono di creare in ogni posto piccoli istanti fotografici, con i quali sbizzarrirsi nel costruire la storia visiva del romanzo. Le mille domande del protagonista, vi condurranno almeno una volta a immedesimarsi, intrufolandosi nei vostri quesiti, inducendo nel tentativo complicato di dare una risposta; facendo sorridere e mortificare nel capire che soluzioni in una storia “normale”, molte volte non ci sono.

In tre righe: ingrana lentamente, ma dopo le prime pagine , spazza via ogni residuo dubbio se portarlo o meno al termine. Sfizioso.

 


 


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